Massimo Giannini

“La Rai mi può licenziare. Il Pd, con tutto il rispetto, proprio no”. Lo ha scritto su Twitter il conduttore di Ballarò Massimo Giannini prima di andare in onda, ribadendolo poi in trasmissione con un editoriale, in risposta alla polemica sollevata da alcuni esponenti del partito del presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla scorsa puntata del talk show di Raitre.

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Quando scrive di Pd, Giannini fa riferimento soprattutto al segretario della Vigilanza Rai Michele Anzaldi, arrivato a chiedere la sua testa per un’espressione, “rapporti incestuosi”, pronunciata dal giornalista e conduttore a proposito del rapporto tra banche e governo, il caso di Banca Etruria e il presunto conflitto d’interessi del ministro Maria Elena Boschi. Un’uscita, quella di Anzaldi, da cui aveva immediatamente preso le distanze la minoranza dem. Mentre i senatori Federico Fornaro e Miguel Gotor si chiedevano quale fosse “a leggere certe dichiarazioni e richieste di licenziamento” la differenza tra la “vecchia Rai e quella post riforma” renziana, il deputato ed ex capogruppo alla Camera Roberto Speranza invitava a lasciar fare le “pagelle” dei giornalisti “a Grillo e Berlusconi”, perché il Pd “deve stare sempre dalla parte dell’informazione”.

Come lasciavano intendere le parole di Speranza, la polemica non era destinata ad animare una querelle puramente interna al Pd. Con Forza Italia e Movimento 5 stelle lesti a cavalcarla schierati sui due fronti. Da una parte si levava la voce di Maurizio Gasparri, per tornare a rinfacciare ai vertici Rai di aver puntato a caro prezzo sull’”esterno” Giannini, capace di ascolti, sottolineava il senatore azzurro, inversamente proporzionali al suo cachet, invece di valorizzare le risorse interne dell’azienda. Grillo dal canto suo evocava una delle immagini simbolo della dittatura, l’olio di ricino, per denunciare l’attacco della “Rai fascista” incarnata da Anzaldi contro il “non allineato” Giannini. Mentre i parlamentari pentastellati in Commissione di Vigilanza incalzavano il Pd: “Dica chiaramente che vuol sostituire il direttore del Tg3 (Bianca Berlinguer, ndr) e il conduttore di Ballarò con due renziani di stretta osservanza”.

 

Ballarò, Giannini: “La Rai mi può licenziare, il Pd no”

Una settimana dopo, Massimo Giannini ha aperto e Ballarò guardando in camera. “Anzaldi mi accusa di aver offeso il ministro Boschi, per aver usato la formula ‘rapporti incestuosi’ per definire il pasticcio che si è creato intorno a Banca Popolare dell’Etruria. Per questo, dice Anzaldi, la Rai mi dovrebbe licenziare. Altri esponenti del Pd, generosi, mi offrono almeno una scappatoia: Giannini chieda scusa’”. Come “Ernesto Carbone, che in studio” nella puntata incriminata, “non ha battuto ciglio” ma “ventiquattr’ore dopo deve aver cambiato idea, forse folgorato dall’accusa postuma di Anzaldi”.

A giudizio di Giannini “è penoso che, per contestare un programma evidentemente, per qualche ragione, considerato fuori linea, si usi un argomento così strumentale. E si trasformi in un’offesa personale al ministro Boschi una frase che, per il significato e il contesto nel quale io l’ho pronunciata, non poteva e non può prestarsi ad alcun ‘equivoco’. Non capisco proprio di cosa dovrei chiedere scusa, pubblicamente, dal momento che, come si direbbe nel gergo dei tribunali, il fatto non sussiste”. Giannini ha accusato ancora un “Palazzo che, di fronte ai tanti problemi in cui si dibatte l’Italia perde tempo a sollevare polveroni del genere”, ennesima “torsione del concetto di servizio pubblico, utile se serve a chi governa, molto più che a chi guarda la televisione”.

“Io non sono paladino di niente – ha concluso Massimo Giannini -, non voglio vestire i panni del martire che non sono, meno che mai per un episodio assurdo come quello che si è appena verificato. Ma resto convinto di un fatto. Non spetta alla politica decidere i palinsesti. Non spetta ai partiti decidere chi può lavorare nella più importante azienda culturale del paese. A meno che non si debba dar ragione a Roberto Saviano quando scrive: ciò che sotto Berlusconi era inaccettabile, adesso è grammatica del potere. La Rai mi può licenziare. Il Pd, con tutto il rispetto, proprio no”.

Fonte: www.repubblica.it

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