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Slitta a settembre l’esame al Senato del disegno di legge di riforma dell’editoria: il testo finisce penalizzato dall’inversione dell’ordine del giorno e tornerà in Aula il 13 settembre. “Sarebbe bastato avere tre ore in più per arrivare all’approvazione”, sospira il relatore Roberto Cociancich (Pd), convinto però che “l’accordo tra tutte le parti politiche garantirà un via libera in tempi rapidi”, anche perché il provvedimento dovrà poi tornare a Montecitorio. Il rinvio spiazza gli addetti ai lavori. “Gli interventi di riforma – avverte il presidente Fieg Maurizio Costa – sono necessari per il settore e richiedono tempi certi e rapidi di definizione. Dopo un lunga e fruttuosa discussione, che ha visto tutte le componenti della filiera coinvolte anche su sollecitazione degli editori, l’improvviso stop odierno può e deve essere recuperato sia dal Senato con la immediata fissazione della discussione in Aula, sia con il successivo rapido esame da parte della Camera”. “Rammarico e disappunto” per la Fnsi, che spinge perché il ddl venga votato alla prima seduta utile e intanto organizza una giornata di mobilitazione per il 12 settembre. “L’eccesso di fretta non è stato un buon consigliere: c’è tempo per modifiche”, ragiona il presidente dell’Ordine nazionale Enzo Iacopino, mentre la maggioranza dei presidenti degli oOdini regionali si schiera nettamente per il sì a “norme attese da anni dai giornalisti italiani”. Tra le principali modifiche introdotte in commissione a Palazzo Madama, la previsione di comprendere tra i destinatari del sostegno pubblico anche le radio-tv locali; il numero dei componenti dell’Ordine nazionale che da 36 (fissati alla Camera) risale a 60; la reintroduzione della distinzione tra testate nazionali e locali nel rapporto tra venduto e distribuito, uno dei criteri per accedere ai contributi (20% per le nazionali,30% per le locali); la riduzione a dieci anni della durata della concessione del servizio pubblico. Questi i punti essenziali.

IL FONDO – La riforma rivede le fonti di finanziamento del fondo per l’editoria: ad alimentarlo saranno non solo le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria quotidiana e periodica, ma anche quelle per le emittenti locali. Previsto, inoltre, l’utilizzo di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate derivanti dall’introduzione del canone Rai in bolletta. Ci sarà anche un contributo di solidarietà da parte dei concessionari di pubblicità su tv e stampa (lo 0,1% del reddito complessivo annuo).

I BENEFICIARI – Il testo delega, il governo a ridefinire l’intera disciplina, partendo dalla platea dei beneficiari. Tra questi potranno esserci le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, ma non i giornali di partito. Ulteriori requisiti riguardano il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti di lavoro e l’edizione della testata in formato digitale. L’ammontare del contributo dipenderà dal numero di copie annue vendute e utenti unici raggiunti, oltr che, in base a un emendamento della Bilancio, dal numero di giornalisti assunti.

I PREPENSIONAMENTI – Il governo dovrà stabilire criteri più stringenti di quelli attuali per per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e nuove regole per il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti. Dovrà, inoltre, innovare il sistema distributivo nell’ottica di una maggiore liberalizzazione.

Fonte: Ansa

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