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Peggiora lo stato della libertà di stampa nel nostro Paese: nella speciale classifica redatta da Reporter Senza Frontiere l’Italia precipita di 24 posizioni, dal 49esimo posto al 73esimo. Pesano in questi ultimi 12 mesi “l’esplosione di minacce, in particolare della mafia, e procedimenti per diffamazione ingiustificati”.

In Italia nei primi dieci mesi del 2014 si sono verificati 43 casi di aggressione fisica e sette casi di incendio doloso a case o auto di giornalisti. I processi per diffamazione “ingiustificati”, secondo Rsf, nel nostro Paese sono aumentati da 84 nel 2013 a 129 nei primi dieci mesi del 2014. Stupisce che in graduatoria il nostro Paese sia superato anche da Paesi come l’Ungheria del discusso premier Orban (65esimo posto) o come Burkina Faso e Niger (46esimo e 47esimo posto). Peggio dell’Italia in Europa è riuscita a fare solo Andorra, caduta in un anno di 27 posizioni a causa delle difficoltà incontrate dai giornalisti nel raccontare le attività delle banche del piccolo Paese tra Francia e Spagna.

La situazione è in peggioramento in tutto il mondo: il rapporto parla di “una regressione brutale” della libertà di stampa nel 2014, conseguenza in particolare delle operazioni terroristiche dello Stato islamico e di Boko Haram e in generale dell’aumento dei conflitti armati. Un “deterioramento globale” legato a diversi fattori, con l’esistenza di “guerre d’informazione” e “l’azione di gruppi non statali che si comportano come despoti dell’informazione”, ha dichiarato Christophe Deloire, segretario generale di Rsf.

L’indicatore globale annuale, che misura il livello delle violazioni della libertà di informazione, è arrivato a 3719 punti, quasi l’8% in più rispetto al 2014 e il 10% in più se paragonato al 2013. Il peggioramento più grave riguarda l’Unione europea e i Balcani.

“L’interferenza sui media da parte dei governi – si legge nel rapporto – è una realtà in molti Paesi dell’Unione europea. Ciò è dovuto alla concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione in poche mani e nell’assenza di trasparenza sui proprietari”. Inoltre “la Ue non ha regole sulla distribuzione degli aiuti di Stato ai media”.

Nel rapporto si parla del controllo dei mezzi di informazione che nelle aree di conflitto è diventato un vero e proprio strumento di guerra: in particolare lo Stato islamico sta usando i media come uno strumento di propaganda e di reclutamento. L’Is controlla cinque stazioni televisive a Mosul in Iraq e due nella provincia siriana di Raqqa.

Dal rapporto si evince che i due terzi dei 180 paesi classificati da Rsf “hanno fatto meno bene dell’anno precedente”. Per il quinto anno consecutivo, la Finlandia conserva il primato di Paese più virtuoso, davanti a Norvegia e Danimarca. Nella top ten anche Nuova Zelanda (sesta), Austria (settima), Giamaica (nona) ed Estonia (decima) dove a dicembre era stato arrestato e poi rilasciato il giornalista italiano Giulietto Chiesa. Bene anche la Mongolia, il Paese che ha registrato l’incremento più significativo balzando dall’84esimo al 54esimo posto. L’Egitto, dove oggi sono stati rimessi in libertà i due giornalisti di al-Jazeera accusati di complicità con i Fratelli Musulmani, è al 158esimo posto.

Tra i paesi dell’Ue, la Bulgaria è quello più indietro (106esima posizione). Gli Stati Uniti si trovano al 49esimo posto (in calo di tre posizioni), la Russia al 152esimo, appena davanti alla Libia (154). I Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti sono risultati invece l’Eritrea (180esimo posto), la Corea del Nord (179), il Turkmenistan (178) e la Siria (177). In questo speciale indice di Reporter senza frontiere, l’Iraq sconvolto dai jihadisti dello Stato islamico occupa il 155esimo posto, la Nigeria dove agisce Boko Haram il 111esimo.

Fonte: La Repubblica

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