Agcom

L’allarme sulla banda larga, il calo dei ricavi per giornali e radio tv in seguito alla rivoluzione digitale, i dati sulle violazioni al copyright in rete, l’attenzione alla neutralità della rete, il bisogno di regole nel settore televisivo e l’auspicio di una riforma del canone Rai. Sono tanti i temi toccati dall’Autorità garante nelle comunicazioni nella sua relazione annuale al Parlamento e illustrata oggi dal presidente Angelo Marcello Cardani a Montecitorio. Secondo il quale più in generale si sente la “necessità” di una riforma ampia della normativa italiana in materia di comunicazione, informazione e media, considerando che “il quadro esistente, tra l’altro molto frammentato e disomogeneo, è ormai obsoleto rispetto alle sfide imposte dal nuovo sistema”.  Una relazione, la sua, che ha tratteggiato un nuovo annus horribilis per il macrosettore delle comunicazioni in Italia, che nel 2014 registra in totale un valore di 52,4 miliardi di euro, il 5,9% in meno (3,278 miliardi) rispetto al 2013. A sottolineare il perdurare di una crisi che attanaglia il settore ormai dal 2010. Il 61% del fatturato arriva dalle tlc (32,033 mld, -7,7% sul 2013), il 27% dai media (14,331 mld, -3,2%) e il 12% dai servizi postali (6,039 mld, -2,3%). Il comparto comunicazioni incide sul Pil per il 3,3% ed e’ tutto in rosso, con perdite in doppia cifra per la rete mobile (-10,4%), per l’editoria in generale (-10,7%) e per i periodici in particolare (-15,8%). Un confortante segno “piu’” arriva solo dal comparto Internet (+10% con fatturato di 1,632 mld) e dalla tv a pagamento (+1,4%, con fatturato di 3,370 mld), anche se è ancora la tv in chiaro a produrre i maggiori introiti (4,546 mld, -3,3% sul 2013).

“Banda Larga, arretratezza preoccupante”. “Gli indicatori per la banda ultra larga presentano un grado di arretratezza preoccupante rispetto all’Europa”, ha spiegato Agcom. “L’Italia registra un livello di copertura del 36% contro il 68% dell’Ue a 28 e di conseguenza un digital divide (doppio rispetto a quello europeo e con situazioni regionali che arrivano al 100%, ovvero totale assenza di reti a banda ultralarga)”.  Ma non è finita qui: l’Agcom, che pur considera “accettabile” la situazione per la banda larga, nota che, riguardo alle connessioni a banda ultra larga  è “ancora più critica la situazione se si considera il livello di penetrazione: solo il 4% delle famiglie utilizza connessioni superiori a 30 megabit al secondo (contro il 26% dell’Ue-28) e praticamente nulle sono le connessioni superiori a 100 mbps (9% nell’Ue-20). Secondo Cardani, “un ruolo decisamente importante nella direzione di colmare tale divario potrà essere svolto attraverso gli strumenti messi in campo dal governo in attuazione della strategia per la banda ultralarga, che prevede la destinazione di una quota significativa di incentivi e contributi finanziari alle aree bianche (percentuale di digital divide pari al 100%) del paese”.

Ricavi in calo dei media tradizionali. Negli ultimi cinque anni in Italia si è registrata una progressiva riduzione dei ricavi nel settore dell’informazione: i media “classici” (quotidiani, tv, radio) hanno complessivamente perso quasi 2 miliardi di euro, con una riduzione pari al 16% nel periodo 2010-2014, con punte superiori al 30% nel caso dei quotidiani. Ed è un effetto della digitalizzazione sull’editoria. E’ stato sottolineato che a fronte delle opportunità offerte al sistema delle comunicazioni elettroniche dai nuovi bisogni e dalle nuove modalità di consumo, la digitalizzazione ha effetti in controtendenza sulla domanda di servizi tradizionali di comunicazione e informazione, primi tra tutti i prodotti editoriali e i servizi postali.Per Cardani, il fenomeno, generalizzato a livello internazionale, richiede “un’attenzione specifica a livello nazionale, trattandosi di servizi che perseguono obiettivi di interesse pubblico e sociale”. A questi settori è richiesto, più di altri mercati di competenza dell’Autorità, “un cambiamento capace di rispondere ai nuovi modelli di domanda nell’ambito delle specificità territoriali”. Distinguendo tra media classici, la televisione, anche grazie alla sua funzione di intrattenimento, mantiene comunque una posizione importante, i quotidiani soffrono di un “declino strutturale”. In questo settore – ha detto Cardani – “è necessario un radicale ripensamento del disegno istituzionale e regolamentare. In primo luogo occorre adottare un quadro di regole coordinate per i vari media, flessibile, al passo con l’evoluzione del sistema e in grado di continuare a garantire il pluralismo informativo. Il quadro dovrebbe tener conto in particolare delle specificità del web e del primario ruolo di mezzo di informazione che esso va assumendo in virtù dei molti operatori che agiscono come piattaforme di aggregazione, ricerca e condivisione sociale”.

I possibili benefici della digitalizzazione. L’Unione Europea – ha detto Cardani – stima che una più incisiva politica di digitalizzazione possa generare una crescita del Pil dell’Ue a 28 del 4% nel prossimo quinquennio, per un valore di 520 miliardi di euro a prezzi correnti. Secondo Cardani, investimenti addizionali e crescita della domanda di Ict consentono di ridurre il divario di produttività tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, pari negli ultimi dieci anni allo 0,2% medio annuo.

Tv, Sky avanti nei ricavi, Mediaset supera la Rai. Sky resta regina dei ricavi tv in Italia nel 2014, con una quota del 34,1% (in crescita dell’1,4%). Mediaset si riprende il secondo posto, toltole nel 2013 da Rai. Ora il Biscione ha una quota del 27,8% (-0,7%), Rai ha una quota del 27,2% (-1,5%). Seguono Discovery (1,9%) e Gruppo Cairo (1,7).  “Anche il servizio pubblico non si sottrae alle sfide poste dal nuovo quadro digitale e convergente”, ha sottolineato Cardani. “Al riguardo la prossima scadenza della concessione alla Rai, prevista per la metà del 2016, costituisce un’occasione per interrogarsi sul ruolo del servizio pubblico nel nuovo contesto e, in particolare, sulla capacità di mantenere elevati standard di qualità ed autorevolezza dei contenuti, nello scenario multipiattaforma che costituisce il naturale orizzonte del servizio pubblico del prossimo decennio”.
“Il canone – ha ricordato il presidente Agcom – è la principale fonte di finanziamento del servizio pubblico rappresentando il 61,3% del totale delle risorse economiche della Rai. Pertanto una riforma del sistema di finanziamento pubblico nel segno della semplificazione, della perequazione sociale e dell’effettività della riscossione è certamente auspicabile, tanto più se accompagnata da un recupero di efficienza dell’azienda nel segno della trasparenza, indipendenza e accountability e dall’individuazione di una nuova missione di servizio pubblico in questa era sempre più digitale e convergente”.
Cardani ha poi sottolineato come nel campo dei servizi televisivi, “tre gruppi principali congiuntamente detengono quasi il 90 per cento dei ricavi”.  “Gli assetti di mercato della televisione in chiaro e quella a pagamento manifestano, in entrambi i casi, una situazione di elevata concentrazione. In particolare, nella tv gratuita, sebbene si riscontri una diminuzione delle quote dei primi due operatori, si conferma il ruolo preponderante di Rai, che detiene una quota superiore al 47%, seguita da Mediaset, con una quota di circa 35%”, ha spiegato il Garante. Per quanto riguarda invece la tv a pagamento “il numero di operatori con quote di ricavi rilevanti si riduce a due: 21 st Century Fox/ Sky Italia, leader nel mercato della pay tv (attraverso la piattaforma satellitare) con una quota che nel 2014 supera l’80 % e Mediaset, che con premium possiede una quota di mercato pari al 19%”.

Pirateria, le cifre. A distanza di un anno dall’entrata in vigore del Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore online “è possibile tracciare un bilancio positivo del Regolamento, dando contezza delle linee di tendenza più evidenti. Alla data del 12 giugno 2015 sono state presentate 283 istanze di rimozione di contenuti protetti dal diritto d’autore che – per effetto di ritiri, accorpamenti e archiviazioni in fase preistruttoria – hanno dato luogo a 165 procedimenti, 162 dei quali già conclusi. Di questi ultimi, oltre la metà sono stati definiti per adeguamento spontaneo, a dimostrazione della valenza educativa del Regolamento che incentiva autonome iniziative di rimozione della violazione”. Gli ordini di inibizione, pari al 37% dei procedimenti conclusi, hanno riguardato tutti siti esteri manifestamente dediti alla pirateria digitale in quanto responsabili di violazioni gravi e massive ai danni di opere sonore e audiovisive.

Agcom, mancano i soldi. Problemi di bilancio in vista per l’Agcom, che potrebbe trovarsi di qui a qualche mese senza la disponibilità di cassa non solo per svolgere le attività di regolamentazione del mercato delle comunicazioni ma anche per affrontare le spese di gestione ordinaria. L’Autorita per le Garanzie nelle Comunicazioni, infatti, non pesa sul bilancio dello Stato, ma, per legge, si finanzia con i contributi versati da soggetti regolati, le compagnie telefoniche in testa. E proprio con la principale di esse, Telecom Italia, è in corso un duro braccio di ferro che rischia di lasciare l’Authority a secco.

Fonte: la Repubblica

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