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Cinquantotto stati di crisi nel 2012, 193% in più di solidarietà nel 2013, 48 stati di crisi nel 2014. Questi sono i numeri larghi, da migliaia di giornalisti coinvolti, della crisi del giornalismo italiano nella nostra regione.

All’interno di questi numeri i colleghi che lavorano nella piccola editoria radiotelevisiva rappresentano una percentuale inferiore al 10%. Sono aziende con editori impuri, che hanno spesso interessi forti in settori tradizionali dell’economia romana e laziale come l’edilizia o i rifiuti. Rappresentano però un arricchimento del pluralismo informativo, una spinta a quell’informazione di vicinato, essenziale per le conoscenze e la progressione del nostro sistema paese.

La crisi di questo settore passa attraverso l’arrivo del digitale. Gli investimenti sul digitale terrestre sono arrivati nel momento in cui la pubblicità per la crisi è drasticamente calata. Ci sono dunque ragioni oggettive per le crisi di settore. E ci sono ritardi sulle leggi di sistema, anche a carattere locale, che potrebbero aiutare la ripresa del settore produttivo.

Restano invece inaccettabili i comportamenti che risolvono i problemi scaricandoli sul sindacato o trasformandoli in cause di lavoro. Restano inaccettabili le liquidazioni avvenute senza coinvolgere i lavoratori sul loro futuro e senza immaginare per la testata un piano di rilancio di qualsiasi tipo. Resta inaccettabile la logica del fatto compiuto o, peggio, della tagliola, in condizioni di lavoro precarie, come nel caso del preavviso lavorato a T9.

E’ questa un’occasione per lanciare un appello alla Regione Lazio. Converta in legge, nel più breve tempo possibile, le norme sull’informazione discusse dalla III commissione del Consiglio Regionale. Trovi soldi e finanziamenti per creare comportamenti virtuosi nelle imprese. Metta, come base del riconoscimento pubblico e monetario delle società emittenti, il rispetto delle regole contenute nei contratti collettivi di lavoro. Sul piano generale e nazionale, Stampa Romana, con Cgil, Cisl e Uil, sostiene la necessità di organizzare una legge di sistema. E’ un patrimonio, quello delle tv e radio private di dimensioni medio-piccole, che non possiamo permetterci il lusso di azzerare.

Queste le aree di crisi più serie nel nostro territorio:

T9: 7 licenziamenti con preavviso lavorato

Teleroma56: ritardi fino a tre mesi nel pagamento degli stipendi

RomaUno: solidarietà al 40% in scadenza a luglio

Extratv: cassa in deroga fino a maggio. L’azienda non rispetta il piano di rientro dai debiti. In tre anni l’organico si è ridotto da 17 a 5 unità

Lazio tv: l’organico si è ridotto del 50% con 9 unità presenti e contratti part time. Chiuse redazioni di Roma, Frosinone e Formia.

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