intercettazioni

Sarà la settimana della verità per le intercettazioni: domani la Camera è chiamata a votare l’ultimo capitolo, forse il più controverso, della riforma del processo penale. La novità è che il governo e la maggioranza hanno cambiato idea sul meccanismo che dovrebbe impedire la pubblicazione di intercettazioni «non rilevanti». Già perché quella «udienza di selezione» alla presenza di pubblici ministeri e avvocati che per tanto tempo è stata considerata la panacea del problema, è stata affondata dalle osservazioni dei tecnici. Come ha spiegato ai suoi la presidente della commissione Giustizia, Donatella Ferranti, Pd, servirebbe piuttosto un «procedimento di selezione». E sta crescendo il consenso per il lodo Pignatone-Bruti-Lo Voi (dal nome dei procuratori di Roma, Milano e Palermo) che in un’audizione parlamentare avevano ipotizzato di diffondere in conferenze stampa le ordinanze dei gip o anche i decreti di sequestro e perquisizione dei pubblici ministeri. Se poi nell’atto fossero contenute intercettazioni inopportune, sarebbe colpa del singolo magistrato. Disse in quell’occasione Giuseppe Pignatone: «Si può riflettere se adottare lo stesso trattamento anche per la richiesta del pubblico ministero che preluda all’ordinanza del gip». E Bruti Liberati: «Occorrerebbe anche salvaguardare la parità tra testate e tra giornalisti».

L’UDIENZA CHE NON VA

La novità degli ultimi giorni è che dalla legge sta per sparire il riferimento all’udienza di selezione. Si sono resi conto, di fronte alle articolate obiezioni dei magistrati (inascoltati invece sulla rigidità di imporre l’iscrizione di massa al registro degli indagati), che stavano per creare un mostro: imponendo un’udienza soltanto per esaminare le intercettazioni, si rischiava una toppa peggio del buco. La selezione tra intercettazioni rilevanti e irrilevanti, infatti, si potrebbe mai fare prima di un arresto? Una procura avrebbe dovuto chiamare l’avvocato difensore di un arrestando il giorno prima dell’arresto per esaminare tutti assieme le intercettazioni che lo riguardavano? Grottesco. Ovviamente una selezione con contraddittorio tra le parti si può fare solo a posteriori di una ordinanza. Ma se l’udienza di selezione si fa una settimana o un mese dopo un arresto, peraltro possibile già oggi, come impedire che la serie integrale delle intercettazioni, contenute negli atti a supporto, finisca ai giornalisti non appena si va davanti al Tribunale della Libertà?

LA DELEGA

Il governo, fin dal primo testo del dicembre scorso, ha sempre chiesto una delega per riformare le intercettazioni. L’obiettivo dichiarato è bilanciare meglio le norme, tutelando i tre profili costituzionali coinvolti: diritto alla privacy dei cittadini, diritto di cronaca dei giornalisti, segretezza delle indagini dei magistrati. Si profila però ora una delega più vaga. E sul punto i grillini annunciano battaglia perché contrarissimi al metodo: vedono che le decisioni cruciali vengono sempre più spesso avocate dal governo ai danni del Parlamento e non ci stanno. Il ministro Andrea Orlando intende però andare avanti e anche decisamente. Subito dopo il voto della Camera annuncerà la costituzione presso il ministero di una commissione di saggi, «personalità dal profilo inattaccabile» ha detto a una delle ultime feste del Pd, per studiare tecnicamente la soluzione di questo rebus. L’idea che circola a via Arenula è di chiamare alcuni tra quelli auditi in Parlamento. Non sarebbe da meravigliarsi se Orlando chiamasse Pignatone, Bruti o Lo Voi, ma non si può escludere anche qualche colpo a sorpresa. Un nome alla Stefano Rodotà, ad esempio, che in Italia è giurista tra i più quotati sul versante della difesa della privacy.

NO AI FARISEI

I procuratori, nella loro audizione, erano stati espliciti. La situazione attuale è «farisaica»: la legge vieta la pubblicazione delle ordinanze, che però sono pubbliche e nella disponibilità di decine di avvocati. I tempi del black-out sono interminabili, però a violare i divieti i giornalisti rischiano una risibile multa. Meglio distribuire le ordinanze a tutti e non se ne parli più. Segreto rafforzato, invece, sugli atti a supporto, fino all’udienza preliminare, che in genere arriva un annetto dopo un arresto. Gli avvocati, da parte loro, sottolineano un punto della riforma che per loro è fondamentale: le intercettazioni tra un legale e il suo assistito vanno cancellate. «Ne va della sacralità del diritto di difesa», dice Beniamino Migliucci, presidente dell’Unione Camere penali.

Fonte: www.lastampa.it

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