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E’ stata rinviata al 10 febbraio l’assemblea dei soci dell’Unità in programma oggi, che avrebbe dovuto decidere il futuro del quotidiano, a rischio liquidazione. Le sorti del giornale saranno decise, prima di quella data, nel confronto tra il gruppo Pessina, socio di maggioranza, e il Partito democratico, che devono valutare se e come procedere alla ricapitalizzazione.

“Spero che questi giorni in più servano per trovare una soluzione”, ha spiegato all’Ansa il direttore della testata Sergio Staino. “Quando ho parlato con Renzi giovedì lui ha assicurato che non aveva intenzione di chiudere il giornale, soprattutto in una fase come questa di campagna elettorale. Spero che gli incontri tra la proprietà e il segretario del Pd abbiamo un esito positivo, perché la situazione si può risolvere solo con il confronto. Qui al giornale l’angoscia è abbastanza grossa”.

“C’è un problema di fondo che va chiarito, non basta dire che il partito è interessato al giornale”, ha proseguito. “Occorre decidere davvero cosa si vuol fare. Renzi ha sempre detto che il suo obiettivo era ricostruire il senso di comunità nel partito. Questo è il mio mandato: non realizzare un giornale sdraiato sul governo, ma un quotidiano che ospiti un confronto anche aspro. Certo, l’Unità dipende dalla segreteria del Pd e sarebbe assurdo immaginarla al di fuori del partito”.

“Ci sono diversi modi di uccidere un giornale. Si può decidere di farla finita con un taglio secco, una decisione chiara e netta, oppure si può decidere di lasciare che si spenga a poco a poco senza che nessuno faccia nulla. Per l’Unità, evidentemente, è stata scelta la seconda opzione”. Lo ha scritto il cdr dell’Unità in una nota. “Quella di oggi doveva essere la giornata delle decisioni: far vivere l’Unità (e quindi ricapitalizzare) o decretarne la fine mettendo l’azienda in liquidazione. Si è scelto di non scegliere e paradossalmente in qualche modo anche questa è una scelta”.

“L’assemblea dei soci ordinaria che si sarebbe dovuta tenere questa mattina è stata rinviata al 10 febbraio. Si è scelto insomma di lasciar passare altro tempo senza dare risposte alla redazione che da mesi continua a porre domande precise e chieder garanzie per la sopravvivenza del quotidiano e il mantenimento dei livelli occupazionali”.

“In questa vicenda, come abbiamo sempre detto, nessuno può credersi assolto. Sopratutto adesso. Non l’azionista di maggioranza, che in queste settimane ha eluso ogni confronto rispondendo con gli insulti e le minacce alle più che legittime istanze della redazione. Non il Partito Democratico, che nello stesso tempo non è andato oltre le rassicurazioni vuote sull’impegno per il futuro del giornale. In queste ultime settimane ci sono stati paventati licenziamenti di massa, e ad ora nessuno ha ritirato questa minaccia. È stata adombrata la concreta possibilità della messa in liquidazione della società che edita il giornale, e nessuno ha sgombrato il tavolo da questo rischio. Anzi, l’ennesimo rinvio ci preoccupa ancora di più soprattutto per gli esiti di un braccio di ferro senza precedenti fra i soci di cui soltanto i lavoratori rischiano di restare vittime”.

“Il rimpallo di responsabilità – sottolinea il cdr -, lo scaricabarile, i veleni incrociati e le veline fatte circolare ad arte e ad orologeria per screditare sono le armi di chi ha scelto di infilare questo giornale nella palude e lasciarlo affondare senza assumersi la responsabilità dell’assassinio. Noi non assisteremo inermi a questo scempio anche a costo di restare da soli a difendere il futuro de l’Unità e i nostri posti di lavoro”.

“È arrivato il momento in cui tutti sono chiamati ad un atto di responsabilità: non ci può essere più spazio per i personalismi, per le accuse incrociate, per le minacce o per interviste rilasciate fuori tempo e fuori luogo da figure che rappresentano l’azienda ma sembrano disconoscere il proprio ruolo. Non offendete la comunità ampia dei lavoratori, dei lettori e degli elettori di centrosinistra che nell’Unità si riconoscono ancora”.

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