Venti nomi: 15 in più rispetto ai 5 indagati dalla Procura di Roma per il caso Regeni con l’accusa di concorso in sequestro di persona. A parlare di una lista di “20 soggetti” che “potrebbe allungarsi fino a 40”, è l’avvocato dei genitori di Giulio, il ricercatore scomparso il 25 gennaio 2016 e trovato morto il 3 febbraio al Cairo. Dopo le novità ufficializzate dai magistrati romani, Paola e Claudio Regeni, mamma e papà di Giulio, insieme all’avvocato Alessandra Ballerini, hanno tenuto una conferenza stampa alla Fnsi. “Siamo moderatamente ottimisti, c’è stata una accelerazione nelle indagini. In Egitto sappiano che non cederemo neanche in futuro. Siamo in una fase importante, non molliamo” dicono, consapevoli che la strada è tutta in salita. “Dalle nostre indagini, dai i documenti in nostro possesso – rivela il legale – sono almeno 20 i nomi coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell’omicidio di Giulio, per lo più generali e colonnelli della National Security egiziana. I 5 iscritti dalla Procura sono i nomi più solidi”, ha aggiunto. Tra loro Tarek Sabir, capo della National Security. Ballerini legge una sua nota in cui il generale scrive che Regeni era un ricercatore e non rappresentava un pericolo. Un elemento a sua discolpa? “No, perché l’ha scritto solo dopo la morte di Giulio”. Oltre a lui sono indagate altre 4 persone, componenti dei servizi segreti civili e della polizia investigativa del Cairo. “Ma a braccio, la lista potrebbe allungarsi fino a 40”, dice l’avvocato dei Regeni. L’elenco di cui parla è lungo. Si va dal “venditore ambulante che in realtà era un informatore che ha tradito Giulio mettendogli addosso una cimice”, a chi “lo ha fatto seguire e pedinare”, a chi ha “organizzato un depistaggio” tirando in ballo una banda di 5 criminali comuni uccisi il 24 marzo 2016. “Anche il medico legale ha mentito dicendo che Giulio è morto per un ematoma ed è stato torturato per una sola giornata mentre le torture sono durate 8-9 giorni”, dice Ballerini, che aggiunge: “Non sappiamo se tra questi nomi ci siano gli esecutori materiali dell’omicidio”. Al suo fianco c’è uno dei consulenti della famiglia, Ahmed Abdallah, che promette: “Chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio pagherà”. L’altro consulente è Mohammed Lofty, attivista per i diritti umani: sua moglie Amal Fathy è detenuta. Vicende che si intrecciano strettamente con quella di Regeni. “Arrivare alla verità è un dovere del Governo italiano che non può girare la testa dall’altra parte in nome di rapporti economici”, ha sottolineato Raffaele Lorusso segretario generale della Fnsi. “Bisogna dare una ‘scorta mediatica’ a chi chiede verità e giustizia”, ha aggiunto il presidente, Giuseppe Giulietti. Oggi un segnale forte è arrivato dal presidente della Camera, Roberto Fico, che ha ricevuto i Regeni. “Le parole – ha detto – sono finite. E i fatti sono a zero. L’Egitto deve dire come intende fare giustizia, cosa che sinora non è accaduta. Per questa ragione non ci sono le condizioni per ristabilire rapporti tra il Cairo e la Camera dei deputati”.
Fonte: ANSA.