Oggi, martedì 20 dicembre, è stato dato l’ultimo saluto a Mario Sconcerti, uno dei grandi maestri del giornalismo sportivo. Se ne è andato a 74 anni, improvvisamente. Ha lasciato un segno profondo nella storia del giornalismo. Eugenio Scalfari gli affidò lo sport di Repubblica, formò una redazione di talenti, partendo da Gianni Brera.
Sconcerti aveva cominciato giovanissimo al Corriere dello Sport, dove è tornato, dal 1995 al 2000, da direttore. In quel periodo il quotidiano di piazza Indipendenza si avvicinò come vendite alla Gazzetta dello Sport, come mai era accaduto prima. E’ stato poi anche direttore del Secolo XIX e dirigente della Fiorentina. Opinionista televisivo mai banale per Rai, Sky e Mediaset, studiava calcio e lo insegnava. Fino a pochi giorni fa è stato firma autorevole dello sport per il Corriere della Sera.
Cercava sempre la diversità, sui suoi giornali voleva raccontare storie, con le quali emozionare il lettore. Alla sua scuola si sono formati tanti giornalisti. Forzava i paletti dell’amministrazione dei quotidiani che ha diretto per inviare colleghi, perché le cose andavano viste, per essere raccontate. Odiava la banalità, la scontatezza, il politicamente corretto.
Era esaltante lavorare con lui. Si viveva di passioni, di eccessi, in giornate infinite, dove l’adrenalina nascondeva la stanchezza. Non aveva paura di schierarsi, di scrivere chiaramente da che parte stava, anche se la parte che sceglieva spesso era la più scomoda. Odiava le conferenze stampa, le virgolette fotocopia su tutti i giornali.
Guido D’Ubaldo, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, al quale Sconcerti era iscritto, lo ricorda così: «Mario è stato un fuoriclasse, mi ha insegnato tanto, con lui direttore sono cresciuto professionalmente. Mi ha inviato per la prima volta a un Mondiale, nel 1998. Un anno fa era stato premiato con il “Colalucci”. A fine serata, quando gli ospiti se ne andavano, siamo rimasti con altri colleghi sotto un gazebo. Anche quella sera diede una straordinaria lezione di giornalismo. Se non ci avessero mandato via avremmo fatto le tre di notte. Ciao maestro, fai buon viaggio».