Intercettazioni: Bonafede, tolto bavaglio alle inchieste

Bloccando la riforma delle intercettazioni “impediamo che venga messo il bavaglio all’informazione” perché la riforma Orlando era stata scritta “in concomitanza col caso Consip” per “impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati”. Punta il dito dritto contro il Pd il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, nell’annunciare il rinvio della norma che avrebbe dovuto ridisegnare il sistema degli ascolti. Dal Pd la reazione arriva a stretto giro, ma anche dall’Anm, soddisfatta invece per il rinvio di una riforma “dannosa”. Col milleproroghe approvato dal Consiglio dei ministri, l’entrata in vigore della legge è stata spostata a marzo 2019, un arco di tempo ampio che servirà a modificare l’impianto di una disposizione “attraverso un percorso partecipato”. Bonafede ha scritto a tutte le procure distrettuali e al Consiglio forense e ha già “ricevuto contributi importantissimi”. “La riscriveremo con maggiore calma e più attenzione”, ha assicurato il premier Giuseppe Conte. Ma il Pd non ci sta. Michele Anzaldi accusa Bonafede di lanciare “attacchi sgangherati”: “evidentemente è nervoso perché oggi le uniche intercettazioni di cui si dovrebbe occupare sono quelle delle sue telefonate con l’avvocato Lanzalone”. Il riferimento è all’ex consulente che Bonafede presentò al sindaco di Roma, Virginia Raggi, implicato nell’inchiesta stadio. La riforma, aggiunge la vice presidente del Senato Anna Rossomando, “non impone bavagli. Basta slogan. Bonafede spieghi su quali campi intende intervenire”. Questo è “il governo dello smantellamento” sostiene Walter Verini. Critiche anche da Forza Italia. “La riforma – dichiara Paolo Sisto – non ci convinceva, ma ancora meno ci piace il chiarissimo e tragico intento del ministro Bonafede: trasformare il Paese in una riserva di caccia per le procure, dove la privacy viene cancellata”. Ma secondo Bonafede proprio i magistrati rischiavano di essere danneggiati da un provvedimento che “ledeva la possibilità di portare avanti le indagini in maniera efficace e dava alla polizia giudiziaria la possibilità di scegliere quali intercettazioni considerare rilevanti o irrilevanti”, “tagliando fuori il pm da una fase così importante”. “Il nostro grido d’allarme – osserva il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Francesco Minisci – è andato a buon fine. Era una cattiva riforma: non solo non avrebbe raggiunto l’obiettivo di tutelare la privacy, ma avrebbe danneggiato le indagini, rendendole meno efficaci, e violato il diritto di difesa”. Soddisfatti anche Fnsi e Ordine dei giornalisti.

Fonte: ANSA.