“Non c’è niente di peggio che chiudersi in una stanza ed elaborare una proposta senza confronto. Ci possono essere idee contrapposte, ma è lì che …
“Non c’è niente di peggio che chiudersi in una stanza ed elaborare una proposta senza confronto. Ci possono essere idee contrapposte, ma è lì che entra in gioco la politica: per fare sintesi tra le diverse istanze”. Il premier Giuseppe Conte apre così gli Stati Generali dell’editoria, un percorso articolato che dovrebbe chiudersi a settembre con la presentazione dei disegni di legge di riforma e che il governo – a partire dal sottosegretario all’Editoria, Vito Crimi – saluta come un “passo importante”, anche per la vita democratica del Paese. Un passo che “in passato è stato più volte annunciato, senza mai arrivare ai fatti”. Da oggi il dibattito è aperto in una sfida tutt’altro che semplice, vista la volontà dichiarata di ridisegnare la geografia di un settore complesso e in continuo cambiamento. “Sarete chiamati tutti a esprimere proposte speriamo innovative”, assicura il premier rivolgendosi alle associazioni presenti al dibattito della giornata inaugurale, ma anche a quelle che interverranno in una seconda fase. Conte cita il tema della disintermediazione, “dell’informazione che arriva direttamente dai cittadini”, ponendo una serie di problemi “a partire dal linguaggio dell’odio, che non va trascurato”, prima di sottolineare la necessità di garantire che il giornalista sia realmente libero. Un primo passo – annuncia Crimi – è l’avvio da parte del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, di un tavolo sulle querele temerarie. Per il resto il governo attende la conclusione del percorso per dire la sua, anche se avverte già che su alcuni punti non si torna indietro. “Se l’idea è continuare a pensare che l’unica forma per sostenere l’editoria è il contributo diretto non ci siamo – afferma il sottosegretario -. Bisogna creare un modello nuovo per il rilancio del settore, non per farlo bivaccare ancora per un po’”. Un intervento pubblico è necessario – continua -, ma deve andare a sostenere eventualmente la domanda più che l’offerta. Oppure deve favorire l’innovazione, non garantire la sopravvivenza di quotidiani “che fanno concorrenza sleale”. Poi c’è il tema delle agenzie di stampa che “sono troppe rispetto alle esigenze del mercato” e soffrono per i “non pochi disagi” causati dalle riforme dei precedenti governi. Il percorso si articolerà su cinque aree tematiche (l’informazione primaria, i giornalisti, l’editoria, il mercato e i cittadini) e in cinque fasi, da aprile a settembre, con consultazioni online e dibattiti pubblici. La Federazione degli editori, con il presidente Andrea Riffeser Monti, lancia già alcune proposte: incrementare la misura che prevede l’ingresso di un giovane ogni tre uscite, allargare la par condicio ai quotidiani, creare postazioni di lavoro nelle edicole e – una battaglia comune con i sindacati – intervenire, anche alla luce del voto Ue di domani, a tutela del copyright. Difendere il lavoro regolare, è invece il cavallo di battaglia del segretario Fnsi, Raffaele Lorusso, che invita il governo a “non criminalizzare tutti coloro che hanno un sostegno pubblico” e per questo verrà chiesta una moratoria sul taglio dei fondo all’editoria. Infine il tema dell’Ordine dei giornalisti, che il governo vorrebbe abolire, ma che il presidente dell’organismo, Carlo Verna, pur spiegando di voler cambiare, chiede di mantenere in vita “a tutela di tutta la comunità”.
Fonte: ANSA.