
Si è tenuta ieri, 27 maggio, presso la Prima Corte d’Assise di Roma, una nuova udienza del processo per l’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Un caso che continua a scuotere la coscienza pubblica e a sollevare interrogativi sulla responsabilità delle autorità egiziane e sui rapporti internazionali.
Tra i presenti in aula, anche Giuseppe Giulietti, coordinatore dell’associazione Articolo 21, e Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, a conferma di un’attenzione costante da parte della società civile e della stampa sul processo.
A rendere ancora più significativa l’udienza è stata la testimonianza dell’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, chiamato a deporre su richiesta dell’avvocata Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni. Di Maio ha dichiarato: “Ho sempre ricevuto una disponibilità generica, dalle autorità egiziane, sulla collaborazione per il caso Regeni, ma era chiaro ed evidente che non ci fosse”.
Secondo l’ex ministro, il tema Regeni è sempre stato centrale nei rapporti bilaterali con Il Cairo, anche nei colloqui legati agli interessi economici tra i due Paesi. “In tutti gli incontri bilaterali, anche quelli che riguardavano i rapporti commerciali – ha aggiunto – il tema principale era Regeni, con la richiesta di un passo avanti per arrivare alla verità su quanto avvenuto”.
Una verità che, a distanza di anni, continua a essere inseguita tra ostacoli politici, diplomatici e giudiziari. Ma la presenza di testimoni istituzionali e l’impegno delle realtà civiche dimostrano che il caso Regeni resta vivo nella coscienza collettiva italiana.