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Nell’attesa che venga approvata la riforma dell’editoria con un nuovo regime di finanziamento diretto a quotidiani e periodici, il governo ha reso noti gli ultimi contributi elargiti al settore per l’anno 2014, come prevede la legge sulla trasparenza (leggi il documento).
OLTRE 30 MILIONI. Il sostegno all’editoria è stato ridotto notevolmente negli ultimi anni, ma si tratta comunque di una cifra cospicua: 30 milioni e 700 mila euro divisi per 46 testate, a cui vanno ad aggiungersi i contributi erogati alle imprese editrici di periodici che sono di proprietà di cooperative, fondazioni o enti morali, quelli destinati all’informazione radiofonica (che contemplano un’unica voce, Radio Radicale, a cui sono stati dati 4 milioni per il 2014); i contributi all’editoria periodica non vedenti e quelli riservati alle associazioni di consumatori.
IN TESTA C’È AVVENIRE. Per quanto riguarda i contributi diretti alle imprese editoriali, a ricevere il finanziamento più sostanzioso, per le attività svolte nel 2014, è stato Avvenire, il quotidiano della conferenza episcopale italiana (Cei): ha incassato 3 milioni 803 mila 622 euro, seguito da Italia Oggi con 2 milioni 998 mila 503 euro e da il manifesto con 1 milione 982 mila 005 euro.
ALTRI SETTE SOPRA IL MILIONE. Finanziamenti superiori al milione di euro sono andati anche a Il CittadinoConquiste del LavoroCorriere (testata della cooperativa editoriale giornali associati, da non confondere con il Corriere della Sera), Cronaca QuiCronache DiDolomiten e Primorski Dnevnik.
600 MILA EURO PER DLM EUROPA. Più di 600 mila euro invece sono stati assegnati all’editoriale Dlm Europa, società editrice di Europa, quotidiano ex Margherita, poi Partito democratico, ora in liquidazione e i cui giornalisti sono stati in piccola parte assorbiti ne l’Unità; 410 mila euro al Foglio e 490 mila euro al Secolo d’Italia.

Il M5s voleva l’abolizione totale dei finanziamenti: proposta respinta

A ottobre 2015 il Movimento 5 stelle aveva presentato una proposta di abolizione tout court dei finanziamenti pubblici all’editoria che è stata respinta dal parlamento.
E del resto nella maggior parte dei Paesi europei ci sono forme di sostegno all’editoria e di tutela del pluralismo dell’informazione.
PROBLEMA DI GESTIONE. Il problema semmai sono i criteri con cui vengono assegnati i finanziamenti, alla luce della poco lusinghevole gestione dei danari pubblici fatta dal dipartimento per l’editoria negli scorsi anni, e i controlli.
BOZZA IN DISCUSSIONE. In discussione in parlamento c’è ora la bozza di riforma del settore presentata dal Partito democratico e dal sottosegretario all’editoria Luca Lotti, che prevede un unico fondo «per il pluralismo e l’innovazione» della durata di cinque anni (2015-2020), comprensivo sia delle risorse statali per il sostegno al settore sia di quelle del fondo straordinario inserito nella legge di stabilità 2014.
OGNI ANNO CON DECRETO. La ripartizione dei soldi, secondo la bozza dem, avverrebbe ogni anno con decreto del premier o del sottosegretario responsabile.
Resterebbero in vigore i contributi per le cooperative giornalistiche e gli enti no profit, sparirebbero invece quelli per i giornali di partito e gli organi di movimenti politici e sindacali.
CONTANO LE COPIE VENDUTE. Non ci sarebbe più distinzione tra testata locale e nazionale: i finanziamenti verrebbero distribuiti in base al numero di copie vendute (un dato sempre molto difficile da verificare con certezza considerato che l’iscrizione all’unico ente che certifica la diffusione di quotidiani e periodici, l’Ads, è volontaria e molte testate non vi aderiscono, fornendo in proprio numeri sulle vendite), ma la proposta prevede per tutte le testate il passaggio a una edizione digitale, anche in presenza della versione cartacea.
MAXI DELEGA AL GOVERNO. Il tutto dovrebbe essere regolato all’interno di un disegno di legge delega al governo, che comprende non solo la ridefinizione dei contributi diretti, ma una riforma del sistema di distribuzione e le ristrutturazioni aziendali.

Fonte: www.lettera43.it

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