Nuzzi

“Ho deciso che non mi presenterò domani in Vaticano come richiesto dal Pubblico Ministero del Papa. Per loro chi fa cronaca è punibile”. E’ quanto fa sapere sul suo profilo Facebook, il giornalista Gianluigi Nuzzi, indagato in Vaticano nell’ambito dell’inchiesta sulla sottrazione e fuga di documenti riservati, lanciando con la dichiarazione anche l’hashtag “#?NoInquisizione!”. “Domani mattina, martedì 17 novembre, alle 10.30 – spiega Nuzzi sul suo blog – il promotore di giustizia, il pubblico ministero del Papa, mi attende per interrogarmi in territorio del Vaticano. Mi aveva convocato venerdì scorso via email. Poche righe per invitarmi a comparire come indagato nel procedimento che coinvolge monsignor Vallejo Balda “e altri”. Ho deciso di non presentarmi”. “In Vaticano - prosegue il giornalista autore di “Via Crucis”, il volume in cui sono confluiti gran parte dei documenti riservati della Cosea, la Commissione referente dei tagli di spesa istituita da papa Francesco e disciolta più di un anno fa al termine del suo mandato – non è prevista la “non punibilità” che deriva dall’esercizio di un diritto come in Italia. Né è riconosciuta la possibilità di manifestare liberamente il pensiero come sancisce espressamente l’articolo 21 della nostra Costituzione. Per loro chi fa cronaca è punibile”. “Non esiste – sostiene ancora Nuzzi – nel codice di procedura penale vaticano una norma che tuteli il “segreto professionale” sulle fonti come in Italia. La divulgazione di notizie segrete non è per il giornalista una medaglia, come accade per la libera stampa in tutto il mondo democratico, ma è sempre e comunque un reato. Non solo divulgare documenti ma anche notizie segrete”. “Non essendoci, perciò, reciprocità tra il nostro ordinamento e il loro – scrive ancora Nuzzi – manca quella tutela che le nostre leggi, oltre che la Convenzione europea, garantiscono al giornalista. Quindi non mi presento. Non mi presento in uno Stato in cui il codice di procedura penale è più o meno fermo al 1913 quindi al tempo del re ed applica il Codice penale Zanardelli, in vigore in Italia fino al 1930. Non mi presento in uno Stato che nemmeno mi contesta il reato per il quale sono indagato, non mi dice come e quando lo avrei commesso, eventualmente con chi, come al contrario, prevede il nostro codice quando la magistratura intende interrogare qualcuno. Non mi presento – aggiunge – in uno Stato dove negli ultimi anni il 75% delle persone detenute è stata tratta in arresto per aver passato delle notizie vere a giornalisti che le hanno divulgate. Se il Vaticano intende delegare e sentirmi per rogatoria davanti all’autorità giudiziaria italiana, valuterò ovviamente se presentarmi e cosa dire, se mi presenterò”. “Se, in definitiva conclude -, il Vaticano intende investigare su chi racconta le malefatte e non su chi le commette, se intende portare a processo un giornalista che fa il proprio mestiere e non indaga su ciò che denuncia, su chi cioè gode di privilegi illegittimi, chi ruba nei magazzini dei negozi del Vaticano, chi gonfia gli appalti, chi concede case a canone zero, chi si appropria di somme per le cause dei santi, da parte mia continuerò a fare il mio lavoro di cronista, giornalista e testimone di ciò che non si vuol che sia raccontato”.

Fonte: www.rainews.it

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