intercettazioni

Passano i decenni ma il tema delle intercettazioni rimane incandescente anche in epoca renziana. Il ddl sul processo penale, che contiene la delega sulle conversazioni captate, è approdato ieri pomeriggio alla Camera insieme alle immancabili polemiche. Le forze politiche, infatti, sono come al solito divise, con il Partito democratico che tenta di porre un freno allo sputtanamento continuo, il M5S che grida al «bavaglio», l’Ncd di Angelino Alfano che cerca compromessi ancora più «stringenti» rischiando, però, di colpire il diritto di cronaca, e infine Forza Italia, favorevole da sempre a una regolamentazione della materia.

Una delle critiche alla delega sulle intercettazioni riguarda la sua genericità, tanto da far dire a qualche forza politica e ad alcuni magistrati che si tratta di una vera e proprio «delega in bianco» al governo, che potrà riempirla di contenuto a suo piacimento. L’articolo 29 del ddl penale, quello dedicato, appunto, alle intercettazioni, contiene, infatti, solo poche righe con cui si chiede di garantire la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni telefoniche e telematiche; tutelare la riservatezza delle comunicazioni e delle persone occasionalmente intercettate (in particolare degli avvocati difensori nei colloqui con l’assistito); prevedere prescrizioni che incidano sull’utilizzo delle intercettazioni e che diano una precisa scansione all’udienza di selezione (la famosa udienza-filtro); punire con il carcere da 6 mesi a 4 anni coloro che diffondono il contenuto di conversazioni registrate fraudolentemente. Quest’ultima, voluta e strenuamente difesa da Alessandro Pagano, dell’Ncd, verrà emendata a garanzia del diritto di cronaca e di difesa, «salvando» trasmissioni come Le Iene o Striscia la notizia e forse prevedendo, alla fine, solo una multa e non più il carcere.

Fin qui il merito della delega al governo che in un anno dovrebbe scrivere il testo finale. Se regna l’incertezza è anche perché è difficile comprendere il fine ultimo che ha in mente il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Di certo c’è che, dopo l’approvazione della delega, il Guardasigilli istituirà una commissione ministeriale, probabilmente formata anche da noti magistrati con il compito di suggerire il testo. Ovviamente non è ancora dato sapere se di fronte a un problema gigantesco si sia consapevoli che il punto non è impedire la pubblicazione di atti divenuti pubblici o rendere impossibile ai magistrati di intercettare, ma fare in modo, guardando a monte là dove il problema si genera e cioè nelle procure, che nei fascicoli non finiscano chiacchierate private o penalmente irrilevanti. Sta di fatto che il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, dopo aver accusato i politici di temere «più la diffusione delle intercettazioni che lo scandalo della corruzione», ha parlato di «delega generica e in bianco», di «pregiudizio di fondo contro le intercettazioni» e di riforma che «fa danno alla giustizia». Nelle settimane scorse, al contrario, Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, si è detto favorevole «a una disciplina più rigorosa sull’obbligo di stralcio e distruzione degli ascolti irrilevanti».

Chiare le posizioni dei partiti. Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Giustizia, ha negato in modo risoluto che si tratti di una legge-bavaglio, sottolineando che «l’orientamento è quello della cosiddetta udienza filtro», nel corso della quale avvocati, pm e giudici «valutino quali siano le intercettazioni di rilevanza processuale» e quali quelle da escludere e «mettere in una “cassaforte” sotto la responsabilità del giudice». Anche per David Ermini, responsabile Giustizia del Pd, il problema è quello di «non far entrare nelle ordinanze testi di intercettazioni irrilevanti», senza per questo voler intaccare il diritto di cronaca. E pure Pierluigi Bersani, della minoranza Pd, è convinto della necessità di stabilire delle regole affinché «ciò che è irrilevante non venga pubblicato». Sul piede di guerra il M5S. Vittorio Ferraresi, capogruppo in Commissione giustizia, parla di «mostruosità giuridica» e «riforma vergognosa», spiegando che «neanche Berlusconi era arrivato a tanto». Per Ferraresi la «delega in bianco» dice «tutto e nulla» e sono possibili «sanzioni pecuniarie forti» per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni. Vicino alle posizioni del Pd è invece Forza Italia. Più volte Mara Carfagna, portavoce del partito alla Camera, si è detta «contraria all’abuso delle intercettazioni e al loro uso ai fini di lotta politica», dunque «favorevole a una regolamentazione della loro diffusione e della loro pubblicazione». Anche per Renato Brunetta, presidente dei deputati azzurri, «il problema non sono le intercettazioni, strumento d’indagine straordinario, ma il loro uso e abuso» e la loro «fuoriuscita dagli ambienti giudiziari a fini di mala giustizia o di lotta politica». Lo stesso Brunetta, però, nelle scorse settimane si è detto poco fiducioso nelle capacità del Pd di «regolare le intercettazioni».

Presa di posizione netta anche da parte del presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, per il quale occorre stare attenti a che «la nuova normativa non colpisca solo i giornalisti risparmiando gli editori». Iacopino è anche convinto che le norme necessarie ci siano già e che «volerne creare altre è qualcosa che inquieta». Nei mesi scorsi sono stati ascoltati in commissione Giustizia della Camera Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Pignatone, rispettivamente capi delle procure di Milano e Roma. Entrambi hanno proposto di rendere pubblicabili solo le ordinanze di custodia cautelare, escludendo, dunque, il materiale delle indagini preliminari. Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, ha invece consigliato di limitare le intercettazioni alla fase preventiva delle indagini, mentre per Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, sarebbe utile non inserire più le intercettazioni integrali nei provvedimenti giudiziari e prevedere il reato di «pubblicazione arbitraria».

Fonte: www.iltempo.it

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