Fava Claudio

“Fare il giornalista in un Paese percorso, lacerato della violenza della mafia vuol dire mettere in conto la possibilità di esporsi a rischio di ritorsioni o di violenza e questo possibilità è stata messa in conto, senza alcuno stupore da tutti i giornalisti con cui abbiamo parlato”. Lo ha detto Claudio Fava, vicepresidente della commissione antimafia, che alla Camera ha illustrato la relazione sullo stato dell’informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie, approvata dalla Commissione antimafia il 5 agosto scorso. “Sono stati loro stessi a confermarci che sapevano che tutto questo rientrava tra le cose possibili – ha spiegato – . Nessuno stupore, ma molta rabbia, molta solitudine, molta frustrazione e comunque questa cifra, parliamo soltanto nel 2014 di 500 giornalisti, ci racconta un sistema di poteri non solo mafiosi che considerano un intollerabile fastidio ogni voce libera, ogni cronista con la schiena dritta, che non si piega all’adulazione o alla menzogna”. Tuttavia, ha osservato, “c’è un dato positivo che questo lavoro ci consegna ed è che, nonostante i numeri allarmanti che l’Osservatorio ossigeno ci ha fornito (ricordavamo tre giornalisti minacciati ogni due giorni, più di 2 mila negli ultimi cinque anni), nonostante le condizioni di grande precarietà economica, di solitudine professionale, nonostante la distrazione complessiva con cui questo Paese accompagna le storie meno importanti, occupandosi soltanto di quelle che meritano una dovuta sottolineatura, c’è una generazione di giovani giornalisti che comunque ha scelto di non piegare la schiena. Sono giornalisti poco conosciuti, schivi, che sfuggono alla luce dei riflettori, ma sono quelli che rappresentano la ragione del buon giornalismo, di cui questo Paese, soprattutto nella lotta contro la mafia, ha assoluto bisogno”.

Fonte: Il Velino

988 visite